Cinevisioni - Mer 07/11 - Nòi Albinòi

Mercoledì 7 Novembre
ore 21.30

Nòi Albinòi

Regia: Dagur Kari
Interpreti:Tòmas Lemarquis,
Anna Fridriksdòttir
Islanda/Germania/Regno Unito/Danimarca 2003,durata 97’

Jarmusch Club, via Cesare Battisti, Caserta

Una storia di ordinaria solitudine e di normali e condivisibili sogni di fuga. Ma a ben vedere il sogno del protagonista (Nòi) è un po’ il sogno di tutti noi (nòi) spettatori, ed è molto semplice: è il sogno dell’amore.
L’opera prima di questo giovane autore islandese si carica di una valenza ironica, sottolineata attraverso le figure dei vari personaggi che di volta in volta capita d’incontrare al protagonista. Si tratta di una galleria di stravaganti caratterizzazioni che connota tutto il film: dalla nonna che sveglia Nòi con un colpo di fucile, ovviamente sparato al vento, all’esilarante professore di cucina e francese, passando per il libraio che recita poesie insensate ed il prete con tanto di moto da neve ipertecnologica. La narrazione si sviluppa in maniera semplice e lineare: il giovane protagonista vaga per il perennemente deserto paesello senza alcuno scopo, frequenta la scuola unicamente per dovere ma non ascolta le lezioni, non ha amici né alcun tipo di svago. In tutto il film non c’è una sequenza collettiva, vediamo esclusivamente Nòi che incontra di volta in volta questo o quel personaggio; unica eccezione, l’aula di scuola, ma anche qui gli studenti sono muti ed unici attori (nel senso di personaggi che agiscono) sono i professori ed il ragazzo. Il film non si solleva dalla media di prodotti simili, ma alcune trovate sono esilaranti, due per tutte quella del ragazzo che sommerge di sangue (animale) padre e nonna e quella dov’egli si arrampica per raggiungere la finestra dell’amata trovandovi il padre. Le tematiche cardine della pellicola vengono appena accennate: in una delle sue passeggiate serali, Nòi invita a fargli compagnia il suo compagno di banco, ma questi ha un padre severo che non gli fa nemmeno oltrepassare la porta di casa; la solitudine è totale, combatterla è impossibile. Il disfacimento e lo scacco esistenziale nel quale la più parte dei personaggi sprofonda si palesa ottimamente nella sequenza in cui il padre di Nòi fa letteralmente a pezzi il pianoforte con un’ascia, forse perché le vivaci melodie che crea suonano alle sue orecchie alla guisa di una beffa, deridono la sua grigia esistenza. Ed il grigio e il bianco sono ovviamente i toni dominanti del film, colori naturali della neve durante il giorno e poi avvolta nel buio della notte, naturalmente riflettenti un’odiernità scialba quando non alienante, che forse il regista vuole porre in contrasto con il tono stralunato ed a tratti divertente delle vicende (probabilmente una materializzazione dell’arguta immaginazione di Nòi), anche se non sempre vi riesce. L’amarezza esploderà incisivamente nel finale, financo in maniera eccessiva, sottolineando come il regista sia insicuro su quale direzione prendere e realizzi un’opera discontinua e contraddittoriamente sospesa tra l’amaro della realtà e la variopinta stravaganza del sogno e dell’immaginazione. Non trionfa in originalità nemmeno la storia d’amore con la cameriera dello spoglio bar cittadino,che lascia intravedere uno spiraglio di salvezza al ragazzo, anzi si materializza ai suoi occhi, ed a quelli dello spettatore (a Nòi ed a noi), in maniera limpida nell’immagine della hawaiana spiaggia. Ma la sequenza dell’incontro clandestino dei due nel museo possiede la tenerezza giusta perché il cuore dello spettatore cominci a battere in sincrono con quello del protagonista, facendo in modo che anch’egli desideri una prossima redenzione, negata dal drammatico finale che, proprio per questo motivo, acquista un sapore ancora più amaro. Buon film per essere un esordio, ma il fatto che l’elemento più originale dell’intera pellicola sia l’ambientazione nella terra delle renne la dice lunga sui suoi incontestabili limiti.